Cari amici, vorrei chiarire con voi un punto della mia vicenda giudiziaria che può suscitare anche tra i più intimi qualche perplessità. Mi riferisco ai 16 milioni in beni mobili e immobili che la Guardia di Finanza mi avrebbe sequestrato in via cautelativa per la presunta (presunta) natura fittizia della cooperativa nell’arco di tempo in cui ha editato il Denaro sotto la mia amministrazione. A una lettura veloce e superficiale – come sono la gran parte delle letture – il comunicato della Procura di Napoli avrebbe potuto generare questo equivoco che è bene eliminare. Sedici milioni sono il limite entro il quale i pubblici ufficiali avrebbero potuto avanzare la loro azione precauzionale a fronte dei circa 11 erogati al gruppo di lavoro nei quattro anni che vanno dal 2007 al 2010. Il valore di quello che mi è stato effettivamente sequestrato, perché trovato nelle mie disponibilità, non credo superi i 150.000 euro. E spiego. Il cespite più rilevante che possiedo è una casetta a Pescocostanzo quotata 200.000 euro per oltre metà gravati da un mutuo trentennale che finirò di pagare, se ci arrivo, quando avrò ottant’anni. Di natura immobiliare anche la quota infinitesimale di un rudere in provincia di Benevento che, appartenuto a un mio bisnonno, oggi è diviso tra una trentina di bisnipoti che non si mettono d’accordo neanche sul suo abbattimento. Non so esprimere una stima ma temo sia addirittura negativa. C’è poi la Smart di mia figlia, intestata a me che la pago a rate 100 euro al mese, che può essere stimata tra i 5 e i 6mila euro. Inoltre detengo una manciata di penne e di orologi (solo uno degno d’interesse) più quadri di arredamento che per me hanno un grande significato affettivo ma del cui valore venale dubito assai. Infine ci sono i conti correnti personali dov’erano appostate le cifre utili a pagare le tasse e l’istituto di previdenza, far fronte a qualche esigenza di casa, pagare le vacanze, assicurare una piccola riserva. A conti fatti, dunque, mi sono reso conto di aver accumulato nei miei trentacinque anni di attività professionale – di cui venticinque passati promuovendo un’iniziativa editoriale e partecipandovi con grande impegno – un patrimonio che può ambire a raggiungere la consistenza di 150.000 euro o poco più. Ed è questa, forse, la mia vera colpa. Vi ringrazio per questo ennesimo esercizio di pazienza.