Ma, insomma, con quali prospettive si chiude questo 2014 per la Campania, il Mezzogiorno, l’Italia? Sì, i termini si tengono tutti perché se di una cosa dobbiamo farci capaci è che viviamo davvero i tempi di un villaggio globale. Sicché l’Italia è a sua volta legata al carro d’Europa e questa (con la Germania a far da padrone) deve giostrare tra gli interessi del blocco Statunitense, il nuovo protagonismo della Russia e le ambizioni della Cina con tutte le complicazioni mediorientali e il nuovo attore africano che si affaccia sulla scena. Messa così la faccenda, però, non veniamo a capo di niente perché ogni cosa rimanda a un’altra in un girotondo che annulla le responsabilità. Cerchiamo allora di stabilire se sia possibile ritagliare campi di azione ristretti nei quali si possa misurare la capacità dei protagonisti locali. Torniamo, allora al nostro Mezzogiorno e alla nostra Campania tenendo conto dell’interdipendenza di ogni scelta politica ed economica senza per questo annullare l’importanza dei compiti da svolgere sul territorio. Come ormai appare evidente anche ai più resistenti (sarebbe interessante conoscere in proposito il pensiero dell’ex premier Mario Monti) per riprendere la strada della crescita non esiste altro modo che stimolare gli investimenti pubblici e privati: i primi in funzione dei secondi. Il principio che guida ogni scelta è l’interesse al guadagno. E questo orienta gli abbondanti capitali stipati nei forzieri del mondo dove è più profittevole andare. Dunque, la prima domanda che merita una risposta è come rendere attrattiva un’area a dispetto di un’altra. Gli investimenti esteri diretti, che misurano il gradimento dei grandi decisori, sfiorano il nostro Paese e ignorano il Mezzogiorno. L’importanza strategica della nazione, nel gioco internazionale degli equilibri, è in caduta libera e nessuna considerazione di carattere politico potrà sostituire il vincolo economico. Le rendite di posizione si sono tutte consumate. Ora dobbiamo mostrare di meritare attenzione e capitali. Ma, sostiene chi ci osserva, come volete che qualcuno tolga le castagne dal vostro fuoco se per paura di scottarvi le dita siete i primi a lasciarle bruciare? Visti da fuori – in sintesi brutale – gli italiani (i napoletani) sono i primi a non fidarsi degli italiani (dei napoletani) e dunque non c’è alcuna ragione di dare fiducia a chi mostra di non averne. Su questo strappo il motivo dominante della comunicazione del presidente del Consiglio Matteo Renzi, improntato all’ottimismo, cerca di mettere una pezza. Ma la distanza tra il desiderio di fare e la dura realtà è così grande che rischia di inaridire anche questa vena se non si riesce a raggiungere velocemente qualche apprezzabile risultato in termini di benessere generale. Per essere attrattivi non bisogna rincorrere al ribasso i salari dei paesi emergenti ma dimostrare di saper fare bene le cose (per un mercato mondiale) sia in termini di prodotti che di servizi. E occorre rendere efficiente il contesto nel quale si lavora: facile da usare, per usare un’espressione cara agli americani che in quanto a pragmatismo non prendono lezioni da nessuno. In questo caso, l’interdipendenza tra pezzi dello Stato condiziona un pochino ma non impedisce di impiantare buone pratiche da seguire in periferia con il supporto del buon senso. Ciascuno di noi potrebbe raccontare numerosi episodi di stupidità istituzionale, amministrativa, burocratica che frenano il naturale svolgimento delle più svariate iniziative. Talvolta dietro il divieto in apparenza ottuso si nasconde un atto corruttivo ma non sempre è così. Nellamaggior parte dei casi a frenare, impedire, scoraggiare sono esempi di sciatteria, confusione ideologica, impreparazione professionale. Insomma, d’oggettiva incapacità di essere all’altezza della situazione. Questo punto diventa centrale se davvero si vuole restituire una possibilità di riscatto al territorio. La ricerca costante, metodica, anche dolorosa dell’uomo giusto al posto giusto è la chiave di volta capace di forzare il catenaccio che ci tiene prigionieri di pregiudizio, insoddisfazione, impotenza. Se è vero che nell’attuale marmellata in cui è ridotta la nostra società è difficile distinguere la frutta dalla gelatina, è anche vero che guardando bene le differenze ancora si possono apprezzare. E allora, perché avere tanto rispettodella gelatina mortificando la frutta? Il coraggio di scegliere sarà una delle qualità da premiare. Dovremo imparare a distinguere tra chi s’impegna a risolvere un problema e chi invece di quel problema è parte. Quanto prima riusciremo a usare nuove categorie di giudizio, tanto prima avremo gli strumenti per uscire dal pantano nel quale siamo cacciati. L’eccesso di tolleranza verso comportamenti e prestazioni mediocri, contrabbandato da bontà d’animo, ha prodotto disastri dai quali sarà lungo e difficile tirarsi fuori. Ma dobbiamo pur iniziare da qualche parte il nostro viaggio dall’inferno al paradiso. Nell’anno che si chiude abbiamo dedicato la quarta rassegna del Denaro “Napoli 2020”, con il sostegno e la partecipazione attiva della Fondazione Matching Energies, alla costruzione di un quadro di principi e azioni da cui prendere spunto per tentare la risalita. Dal confronto tra economisti, sociologi, scienziati di primo piano e un pubblico dialogante di oltre trecento persone qualificate è nato il Manifesto delle 3E – economia, etica, estetica – che riassume un percorso possibile che nei prossimi mesi andremo a meglio specificare. L’esperienza è stata molto appagante a dimostrazione che forze ancora sane e capaci di contributi interessanti ce ne sono più di quante se ne possa immaginare. E abbiamo anche appreso che iniziative analoghe si stanno compiendo in altri luoghi, uno dei quali ha messo al centro della sua attenzione il valore affascinante dell’Audacia senza il quale ogni sforzo dell’ingegno è destinato a non produrre effetti. Ecco, sul significato dell’Audacia e il suo contributo al successo vorremo e dovremo cimentarci anche noi intestando a suo nome l’imminente 2015.