Campioni all’estero

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Davvero il brand Napoli è più apprezzato all’estero che in città. Nonostante la pubblicità negativa di serie televisive come Gomorra (che comunque aggiungono un tocco esotico all’immagine) l’ex capitale del Regno è percepita ancora forte e vitale. Piena di energie che ben orientate potrebbero farla nuovamente ascendere tra le metropoli più visitate e ricche del mondo. Il merito è di chi ci rappresenta all’estero. Soprattutto imprenditori che eccellono nei diversi campi d’interesse e che non per caso frequentano il mondo con successo. Alcuni di questi, stilisti e modaioli, hanno organizzato un evento con il sostegno dell’Unione degli industriali e dell’Italian Trade Agency (una volta Ice) invitando un centinaio di possibili compratori provenienti da tutti i Continenti. Pioggia a parte, per gli ospiti è stata la conferma che qui da noi il genio sa unirsi alla concretezza dando vita a prodotti unici che i mercati internazionali ci richiedono e c’invidiano perché considerati alla stregua di tante Ferrari. Dove decidiamo di essere i numeri uno, riusciamo. E’ subito dopo che c’è il vuoto e in questo vuoto s’inseriscono persone, circostanze e dinamiche che sarebbe meglio tener fuori. Piuttosto che inventare cose nuove a fini di mera propaganda, per dare un po’ di smalto a questa nostra economia così opaca e triste basterebbe affidarsi ai campioni di casa, ancora pochi ma non pochissimi, perché siano celebrati in patria come lo sono fuori. Evitando che ci si debba dannare ogni volta che si torna ad avere a che fare con un ambiente che resta ostile all’intrapresa. Ps. Il liquidatore della società titolare della testata Il Denaro ci invita in via prudenziale a non usarla per ragioni che possiamo comprendere. Purtroppo la richiesta arriva all’ultimo momento e non possiamo fare altro che organizzare i contenuti nel modo che potete apprezzare saltando l’usuale uscita in edicola. Ci auguriamo di poter venire a capo dell’intricata vicenda quanto prima nella certezza che un luogo con meno giornali è un luogo che s’impoverisce.

di Alfonso Ruffo