Si torna a parlare di Napoli e del suo futuro con la rinnovata convinzione che il suo destino di morte non sia stato ancora scritto e che dunque ci sia ancora una speranza che la città con la sua dimensione allargata possa invertire la rotta che oggi pare condurla al disastro.
L’assemblea degli industriali prima, con il dibattito che si è sviluppato intorno alla relazione del presidente Ambrogio Prezioso, e la ricerca coordinata da Domenico De Masi poi, per l’imprenditore e candidato sindaco Gianni Lettieri, hanno fatto il punto su quello che non va (e come invece dovrebbe) lanciando l’ennesima esortazione all’unità d’intenti e d’azione a una classe dirigente che si distingue invece per le sue divisioni.
Qualunque sia il punto di partenza e per qualsiasi stazione si passi, il punto di arrivo è sempre lo stesso: occorre finalmente provocare una rivoluzione culturale, puntare sui giovani valorosi per impedirne l’esodo, premiare il merito dovunque si annidi punendo al contrario l’arroganza dei burocrati corrotti, l’incompetenza dei gregari fedeli ma incapaci, la slealtà degli operatori traffichini.
Se non si creano queste condizioni di base qualunque piano di sviluppo è destinato a trasformarsi in un capitolo in più del libro dei sogni che negli ultimi vent’anni è lievitato a misura dei fallimenti cui abbiamo dovuto assistere qualche volta dando anche il nostro contributo.
Dunque, il punto centrale del possibile riscatto va ricercato nella qualità delle persone da sollevare a ruoli di responsabilità nella speranza di contaminare in positivo l’intero corpo sociale. Poiché il tema è ricorrente e mai nessuno si è sognato di dire il contrario, è evidente che i fatti abbiano sempre tradito le parole e non c’è motivo di credere che domani sarà diverso se non per la situazione davvero critica della nostra economia che minaccia di condannarci a livelli di vivibilità ben sotto il sopportabile.
E questo a prescindere dalla porzione di reddito che si riesca individualmente a difendere. Per spiegare come sia stato possibile ridurci a tanto non resta che ricorrere alla teoria della selezione avversa che si avvale delle asimmetrie informative per promuovere quello che in letteratura è conosciuto come il mercato dei bidoni: il luogo dove cioè si scambiano le peggiori pulsioni fino a costruire una società dov’è premiata e vince l’aurea mediocrità.