Svimez, la guerra delle parole

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Dualismo e programmazione. Programmazione e dualismo. Dopo oltre cinquant’anni di onorata carriera, l’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno conosciuta come Svimez così sintetizza i due cardini della propria missione impossibile (o quasi) visto l’esito delle tante promesse ricevute dal Governo questa estate quando sparò la bordata mediatica (e purtroppo avvalorata dai numeri) di un Sud più povero di quella Grecia che proprio allora stava andando a gambe all’aria minacciando di trascinare con sé l’intera impalcatura europea. Assente il presidente Adriano Giannola per ragioni di forza maggiore è toccato al giornalista Pietro Soldi – frequentatore giovanissimo del cenacolo culturale fondato dal meridionalista Francesco Compagna intorno alla sua rivista Nord e Sud – di chiarire lo spirito che ancora anima una delle strutture più tenacemente impegnate a difendere le ragioni di un territorio che non solo non recupera terreno nei confronti delle aree più agiate ma addirittura continua a perderne.

Con questo confermando la natura strutturale del dualismo che divide il Paese sotto il profilo economico, certamente, ma anche dal punto di vista politico, sociale, civile. Insomma, le Italie sono due e non c’è verso che si riuniscano in una nonostante i cosiddetti sforzi compiuti in oltre mezzo secolo d’interventi più o meno straordinari. E la ragione di un tale fallimento, argomenta l’Istituto, è anche di natura semantica. Non si è mai voluto capire fino in fondo il significato del dualismo che caratterizza l’Italia, tanto da non esistere lavori-studi-ricerche che ne mettano a fuoco contorni e contenuto – non una mera condizione di passaggio ma una situazione di strutturale impossibilità a competere –, e si guarda con sospetto all’antidoto, una sana programmazione, associando al termine un suono nefasto anziché quello corretto di pianificazione liberale (assai distante dalla variante socialista).

Continuando di questo passo, evitando cioè di compiere le uniche attività sensate che casi come questi richiedono – fissare l’obiettivo e armarsi di tempi e azioni compatibili con quello – la lotta all’impoverimento del Mezzogiorno sarà combattuta solo a parole e quel poco di strumentazione industriale che ancora resiste sarà destinato a sgretolarsi con una velocità pari a quella con la quale il mondo cambia e progredisce.

di Alfonso Ruffo